FORME E MAGIA DEI DOLCI DI SICILIA
Giuseppe Coria
La
gola è sede del piacere edonistico e pertanto, per
i suoi eccessi, ebbe un buon posto tra i "sette vizi
capitali" (la dannosa colpa della gola dirà
Dante). I Siciliani però non hanno mai considerato
né un vizio né un peccato l'indulgere di tanto
in tanto ad un buon pranzo ma è cosa certa che essi
hanno identificato ed identificano il massimo di questo
piacere nel gustare i dolciumi più che ogni altra
cosa. Ne deriva che sono tutti "viziosi", se si
tiene conto che in nessun'altra regione ne fu mai inventata,
creata, realizzata una cos'ì grande quantità.
Il
dolce nasce, alle origini, quale "pane speciale",
diverso da quello giornaliero: la natura ha spinto sempre
l'uomo a variare e diversificare i cibi, perché sia
sempre stimolato nell'appetito, possa meglio nutrirsi, e
quindi meglio conservare la specie. Il dolce piacevole e
gradito (la Scuola Salernitana, a proposito, pontificava:
il dolce purifica il senso del gusto) pian piano assumerà
il ruolo simbolico di magnificatore di un'occasione, di
una cerimonia, di una festa, il suo consumo finirà
per scandire le ricorrenze di calendario (vedasi i dolci
legati alle feste).
Ma
è interessante esaminare i dolciumi in base alle
forme geometriche che a loro sono state date ab antiquo
e che tradizionalmente si sono conservate nel tempo: in
definitiva sapere il perché dell'aspetto che, pur
senza saperlo, la padrona di casa dà a questa o a
quell'altra specialità, rispettando quasi un rituale.
Di certo queste pratiche affondano le loro radici in antiche
simbologie magiche; vediamo di scoprirle.
ILROMBO
Figura magica, che si ritrova presso diverse culture. Gli
antichi Greci usavano un legnetto con questa forma nei sacrifici:
legato a una funicella, lo facevano ruotare in aria e dal
sibilo ottenuto traevano responsi. Uno strumento simile
si trova presso gli Indiani d'America e presso alcune tribù
dell'America Latina, per interpretare le voci delle divinità.
In Calabria un rombo viene posto tra le braccia della croce
che si mette sui covoni durante la mietitura.
In Sicilia abbiamo la cubbàita e i mustazzola di
vinu cuòttu, che vanno tagliati a forma di rombo
e mai in altra.
LA MEZZALUNA
La "mezzaluna" o "crescente" fu introdotta
in Sicilia dalla cultura araba; gli Arabi infatti, attraverso
la figura della luna che cresce, adoravano la natura. Residui
di queste credenze ancora sopravvivono nell'Isola: quando,
ad esempio, la chioccia si mette a covare, nel nido si pone
una falce che simboleggia il crescente.
Senza contare tutte le attività connesse al crescere
e al divenire (semina, irrigazioni, potatura, raccolta di
frutti di terra, taglio dei capelli, imbottigliamento, etc.)
che mai devono essere operate a "luna calante".
Ed eccoci, per rimanere nel nostro tema, ai ravioli dolci,
alle 'mpanatìgghi, ai pasticcìuotti: tutti,
senza altra possibilità, hanno la forma di mezzaluna.
IL CERCHIO
Il cerchio, o disco, è simbolo maschile di completezza
ed eternità, quindi amuleto di protezione aggregata:
disco, circolo e sfera furono da sempre considerati forme
e figure perfette. Probabilmente da questo (eredi della
latina placenta) nascono la cassatèdda di ricotta,
una pizzetta coi bordi leggermente rialzati sulla cui superfice
si spalma ricotta dolcificata, e quindi tutta una serie
di torte e crostate fra le quali primeggia la classica cassata
siciliana.
IL TRIANGOLO
Questa figura geometrica simboleggia la magia del numero
tre, il suo scindersi e ricomporsi nella divinità.
Nella simbologia cristiana, peraltro amplificata in Sicilia,
il triangolo posto sulla testa di Dio rappresenta la bellezza,
1'ordine, 1'armonia. Una notevole quantità di biscotti,
nell'Isola, prende questa forma.
LA
"S"
Ad alcuni classici biscotti siciliani (ad esempio i viscotta
rizzi, i nucàtili ed altri), viene data la forma
di "S" che simboleggia il serpente il quale, in
ogni religione, ha generato svariate mistiche che ne hanno
fatto il simbolo dell'arcano impenetrabile.
LA CROCE
II simbolo della croce, in Sicilia a seconda delle occasioni,
porta bene o male.
Mai disporre le posate a croce; e bisogna spazzare bene
il pavimento, durante la lievitazione del pane, onde evitare
che due fuscelli, o rametti, si dispongano a croce, segno
di malaugurio. Si incide invece una croce a punta di coltello,
sul panetto di lievito da conservare e di molti pani e di
dolciumi, che saranno cos'ì sottoposti alla protezione
di Cristo nel lievitare o nel cuocere. In Sicilia la forma
di croce è molto diffusa nella confezione della biscotteria.
IL CILINDRO
Il cilindro spesso non è altro che il simbolo della
forma fallica. L'adozione emblematica di questa parte virile
nasce dalla concezione mistica della forza rigeneratrice
e della fecondità nonchè dall'averle attribuito
(vedansi i falli pompeiani) un valore apotropaico, ossia
un mezzo per allontanare il "malocchio". Nulla
ci vieta quindi di pensare che il nostro cannolo ne sia
un'espressione (per giunta dolce carnevalesco e definito
"scettro da re"). Anche la petrafènnula
(o aranciata o citràta) viene per antica consuetudine
confezionata esclusivamente in forma di cilindro e così
le gravizzàte e molti biscotti tipici di diversa
località: emblematico il classico "biscotto
di San Martino" di Regalbuto, la cui forma e dimensione
alludono spudoratamente al sesso del santo.
LA PIGNA
Fin da tempi remoti ha rappresentato la divinità,
assurgendo a simbolo della montagna. E' stata anche simbolo
della fecondità e di forza rigeneratrice per i semi
che contiene; e fu presa, infine, ad emblema della elevazione
speculativa e della filosofia. Di questi suoi valori traslati
si trovano ancora tracce evidenti in Sicilia, dove la pigna
appare sui pilastri dei cancelli d'ingresso, o come soprammobile
di ogni misura e materiale, o ancora, o come elemento ornamentale
da sistemare (più appropriatamente) ai quattro spigoli
dei letti matrimoniali in ferro. Le diffuse pignuccàte
e pignulàte, dolciumi natalizi, prendono questi nomi
appunto perché si è data loro la forma "a
pigna".
ALTRE
FORME
Altre forme ancora vengono date a certi dolci, mantenendone
il tema da generazioni: ai cucciddati si dà quella
di corona circolare; alle caramelli di carrùba quella
quadrata e ancora, ad altri biscotti, la forma rettangolare.
A tutto ciò che inizialmente è molle o liquido
(mostarda, budini, geli) si trova il modo di precostituire
la forma che assumerà dopo la solidificazione: ecco
inventate così le tipiche formelle di ceramica di
Caltagirone (dalla infinita gamma di disegni e bassorilievi)
che permetteranno al prodotto finito, una volta essiccato,
di configurarsi in tutta una serie di riproduzioni: monogrammi
di Gesù, della Madonna, di San Giuseppe, figure di
Santi e così via. Esiste infine un'altra serie di
dolciumi dalle forme simboliche facilmente intuibili (almeno
in pane). Torte e cassate a forma di cuore (regali tra fidanzati);
biscotteria che riproduce elementi della natura: piante
e fiori, come i rami di meli, le olivette di Sant'Agata
(nate per via di un episodio miracoloso). Ed ancora, animali
in forma di pesci, cavallucci, colombe; oggetti, come le
chiavi (simboleggianti S. Pietro); allusioni a parti del
corpo umano, come le ossa di mortu o i cannaruzzèddi
di Sammilàsi, le minni di Sant'Agata, oppure figure
antropomorfe, riproducenti in genere santi, come i pupìddi
nanàu (SS. Cosma e Damiano) e simili.
Nulla vi dirò,
di cosa fossero i muylloì (gunaìkeoìon
àidìon) che in Sicilia, per le feste, da oltre
2000 anni, venivano prodotti, portati in processione, offerti
spiritualmente a Cerere e quindi mangiati. Dirò solo
che le feddi di Cancillièri, dirette eredi di questi
muylloì, continuarono ad essere prodotti per secoli
dalle brave quanto ignare ed inconsapevoli suorine della
Badìa del Cancelliere di Palermo.
Giuseppe Coria
(
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